Si tratta di un buono fruttifero postale ordinario. Poste Italiane voleva liquidare quasi la metà. L’Arbitro Bancario Finanziario accoglie il ricorso presentato dal risparmiatore.
Buone notizie per un risparmiatore, titolare di un Buono Fruttifero Postale della Serie Q/P, del valore di Lire 2 milioni, emesso il 08.07.1988 con scadenza il 31.12.2018, il quale, recatosi all’ufficio postale scopre che, secondo Poste, il Buono varrebbe solo circa €.11.000,00.
Dopo aver analizzato attentamente il titolo e l’apposizione dei Timbri, il titolare del buobo ha proceduto con l’invio di un reclamo a Poste Italiane e, a seguito della risposta negativa, con il deposito di un ricorso innanzi all’Arbitro Bancario Finanziario.
Le motivazioni alla base del ricorso
Nel ricorso è stato evidenziato come le variazioni dei tassi di interesse, quando non correttamente incorporate dietro il buono mediante l’apposizione di nuoi timbri, non possono essere fatte valere da Poste. In caso contrario, infatti, verrebbe leso il legittimo affidamento dei risparmiatori. Applicando le condizioni originariamente riportate sul buono postale il cliente avrebbe dovuto ottenere circa €.23.000.00 e non €.11.000,00.
La decisione dell’ABF
L’Arbitro Bancario Finanziario, con Decisione del 29 Ottobre del 2019, ha pienamente accolto le tesi del ricorrente, evidenziando che “l’intermediario in particolare ha utilizzato il modulo cartaceo della precedente serie “P” per l’emissione dei buoni della successiva serie “Q”, operando conformemente a quanto previsto dalla citata disposizione; tuttavia, il timbro apposto sul buono nulla dispone con riguardo al rendimento previsto dal 21° al 30° anno. In tale situazione, ritiene il Collegio che la tutela dell’affidamento del sottoscrittore del buono imponga di dare la prevalenza a quanto risulta dal titolo […]“.
Si riporta di seguito il dispositivo della Decisione
Il Commento
La decisione dell’ABF ha affermato un principio cardine che dovrebbe sempre prevalere nei rapporti con i consumatori: la tuela del legittimo affidamento del contraente debole. In effetti, sui buoni fruttiferi Postali è in atto un vivace contenzioso contro Poste Italiane. Va tuttavia precisato che non sempre i buoni fruttiferi postali danno diritto al rimborso di somme maggiori. Penso ad esempio ai BFP emessi prima del 01.07.1986 o, anche se successivi, ai buoni della serie “Q”. In generale è fondamentale verificare la data di emissione del buono, quali moduli cartacei sono stati utilizzati e, non per ultimo, come sono stati apposti i timbri. La situazione va valutata caso per caso. Ad esempio, in alcuni casi, si possono contestare non solo i rendimenti dell’ultimo periodo di detenzione (dal 21 al 30 anno), ma anche i rendimenti per l’intera durata dei 30 anni, con delle cifre sensibilmente superiori rispetto a quelle ritenute liquidabili da Poste.
Avv. Luca Barone
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